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mercoledì 22 aprile 2015

Sulle vie della storia! Viaggio nel gioiello nascosto di Alba Fucens.

A volte ci si sorprende a pensare a un Dio molto faticoso da cercare, che non si mostra mai, che ti fa percorrere cammini ignoti e ti fa obbedire a una disciplina senza logica apparente.
Poi, altre volte, capisci invece, che nella vita immersa nell'entusiasmo stanno davvero le porte del Paradiso.

È proprio questo entusiasmo che ci mette in pieno contatto con lo Spirito Santo e ci fa pensare alla vita non come un mistero di una povera esistenza ma a un autentico miracolo.
Ho pensato a questo davanti ai resti dell’antica colonia romana di Alba Fucens.
Un ambiente spettacolare: la distesa di ciò che resta di un’antichissima urbe, ai piedi di una montagna severa come il Velino, ciò che rimane di un castello dalle possenti mura si di un’altura a nido d’aquila e una misteriosa chiesa su di un colle vicino.
Le pietre raccontano la vita, secoli di esistenze difficili ma affascinanti e possono aiutare a capire dove camminiamo e in quale direzione siamo diretti.

Mi trovo nel comune di Massa d’Albe, provincia dell’Aquila, cuore della Marsica.

In questo paese distante una manciata di chilometri parte un percorso bellissimo ma infame nella distanza e nell'esposizione al sole cocente o alla neve e pioggia che imperversano per conquistare la vetta di una montagna scorbutica e insolita.

È il bello di chi approfondisce un parco regionale che è tra i più belli d’Italia, quello del Velino Sirente!
Chi scrive ha percorso questo sentiero per sei lunghe ore e non lo dimenticherà mai.

Qui ad Alba Fucens, invece, si arriva anche in auto e proprio davanti al sito archeologico.
Guardo le pietre e mi sento come nel mezzo di un viaggio affascinante all’interno di una prodigiosa macchina del tempo!
Guardare le pietre significa correre vertiginosamente all’indietro e fino al 304 a.C., data fatidica in cui alcuni storici e tra essi il famoso Tito Livio, collocano la nascita ufficiale di questa cittadina, posta nel cuore dell’antico territorio degli Equi.
Era questo un fiero popolo italico, militarmente organizzato che scelse proprio la collina di Alba, per dominare con la vista tutte le vallate intorno.

L’aquilano, cari lettori, ricopriva un ruolo strategico assai al confine fra Sabini, Vestini Peligni ed Equi, appunto.
C'era una sorta di compartecipazione di usi e costumi sia pure nell’ambito di autonomie tribali della civiltà medio italica.

Inoltre le culture settentrionali attraversavano l’Abruzzo, in transito verso l’Adriatico, la Campania Felix e la Magna Grecia.
La nostra terra era stata eletta a ruolo di snodo e crocevia territoriale cui pose fine la sottomissione a Roma.

Gli Equi edificarono delle mura per circa quattro chilometri con massi poligonali di grande dimensione, costruendo all’interno, una città con strade, abitazioni e gallerie sotterranee di difesa.
Il luogo era ritenuto magico.
Gli Equi ben sapevano che nel punto dove si poteva ammirare pienamente l’inizio di un giorno, lì c’era la mano di Dio che soprassedeva a tutte le cose del mondo.
È pacifico che non era un solo Dio a occupare le loro menti.

Ed ecco il motivo per cui, oltre al tempio dedicato ad Apollo, posto su di un colle dove oggi svetta la vecchia chiesa di San Pietro e i resti del convento, a volte depredati da maledetti tombaroli, se ne contano almeno altri due un tempo dedicati a oscure divinità del momento.

I Romani, amici miei, faticarono non poco per conquistare questo sito ben difeso.
Sollevarono più volte le loro spade, impegnarono buona parte del loro potenziale bellico per ridurre allo stato di schiavitù il piccolo ma duro popolo che difendeva strenuamente le loro origini.

Poi, le fiamme dei fuochi distruttivi crepitarono, le fosse comuni furono scavate e riempite, il suolo spianato dai crudeli invasori che ebbero la meglio in una battaglia sanguinosa ed epica.
Alba Fucens divenne una giovane colonia e in pochi anni si dimostrò fedele verso Roma molto più delle altre colonie.

Il popolo fucense brandì le sue armi d’acciaio che non si distrugge, dalle impugnature in legno che la terra non può consumare, difendendo la Caput Mundi dal bieco Annibale della seconda Guerra Punica.
Gli Albensi combatterono contro tutti e tutto: Galli, Sanniti, Umbri, Averni, anche quando erano scomparsi da tempo i due consoli benvoluti che avevano insegnato l’amore per Roma: Lucio Genucio e Servio Cornelio.

Il luogo divenne così ricco e Roma decretò Alba Fucens Grande Municipio!

Questo fin quando terremoti sconquassanti e invasioni barbariche non decretarono l’immatura fine della città.

Ci fu un sussulto di ripresa in epoca medievale quando venne costruito il castello sul colle San Nicola introno al XV secolo.


Ci pensò Carlo D’Angio e le sue teppaglie a distruggere tutto e neanche una momentanea parentesi della potente famiglia degli Orsini, salvò il luogo dall’incuria e dimenticanza, preda di briganti.
Nel 1915 il più furioso dei terremoti rase al suolo tutto.

Il cartello all’ingresso della piana dove insistono i ruderi, consiglia un numero telefonico per avere a disposizione una guida.
La donna che arriva subito da una casa vicina è una giovane madre che volontariamente si presta a guidare i turisti lungo un affascinante percorso nella storia.
Apre il portale della chiesa di San Pietro, unica realtà monastica in Abruzzo in cui la navata centrale è separata dalle laterali grazie a colonne antichissime.
La basilica è di epoca Sillana, II secolo a.C., anticamente sotto c’era un Tempio di Apollo
La giovane sembra quasi scusarsi del fatto che, al suo interno, è rimasto ben poco.

I ladri in un paio di incursioni e, poi, i musei di Celano e Chieti per difesa, hanno portato via tanti tesori sotto forma di lapidi, monete, vasi, statue e altri rinvenimenti.

Ciò che resta vale comunque la pena di ammirarlo, tra colonne tortili dell’iconostasi di scuola cosmatesca e un abside di tutto rispetto.

Scendo nel grande anfiteatro di circa cento metri per ottanta.
Un brivido pensare che questo immenso catino ospitava gli spettacoli dei gladiatori.
Si vedono bene i piccoli vani dove erano rinchiuse le pericolose fiere.

Lungo il decumano massimo visito i resti evidenti di un’antica domus romana, tra sprazzi di mosaici e pezzi di colonne.
Lungo vie laterali si intuiscono le pietre di antiche taverne dove si mangiava e faceva festa.
Poi la zona del Mercato, le terme con pezzi che raffigurano mostri marini, i bagni ben divisi tra maschi e femmine e il Sacello di Ercole.

Per informazioni
www.albafucens.info
albafucens@virgilio.it

Per mangiare io ho assaggiato superbe carni locali al "ristorante Anfiteatro" di fronte la chiesa in piazzetta.
Gestione familiare e prezzi modici!


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