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venerdì 28 marzo 2014

In uno “Svarietto di terra” tra le vecchie scalette e l’Annunziata

Che grande idea fu animare uno “Svarietto” di terra e accogliervi il meglio della cultura teramana.
Carlo Marconi è stato un personaggio anticonformista che ha illuminato di cultura, dal 1976 al 1996 le serate della città di Teramo.
Il noto scrittore Giammario Sgattoni lo definiva:
“… sempre elegante, i suoi cappelli di feltro chic… e il sorriso davvero esemplare”.

Carlo colorava le vetrine del centro storico con le sue locandine che preparava insieme ad amici fidati come Peppino Scarselli, Alberto Chiarini, Genì Fantacone e poi affiggeva di soppiatto per richiamare il popolo ad una serata di poesia, scultura, musica.

Nasceva così la custodia dei valori popolari:
un “Sant’Antonio” con canti di questua tra bruschette, salsicce e vino, uno “sdijuno” dopo i digiuni quaresimali con la messa celebrata dallo storico Don Giulio Di Francesco, un “San Giovanni” col comparato a fiori dove, portando una rosa, una margherita, si acquisiva un compare a vita.

Un “San Luca” protettore dei pittori dove si riuniva il meglio di questa nobile arte, un “San Martino” tra allegre chiacchierate con Fernando Aurini, Alfonso Sardella, Vincenzo Cimini e bicchieri di vino novello, un “San Berardo” un “Focaracce”.

Tutte scuse per riunire davanti al suo vecchio focolare gli amici e fare cultura in maniera insolita.

Sandro Melarangelo, storico e pittore definiva questa idea
“… una grande valorizzazione del patrimonio locale in un modo che solo i mecenati rinascimentali sapevano fare, unendo ospitalità e sapere … un luogo piccolo dove svariarsi senza seriosità pur facendo cultura”.

Erano i tempi di Guido Montauti, Giustino Melchiorre, Guido Martella e di tanti altri grandi nomi di teramani che ci hanno lasciato.

Era frequente nelle serate dello “Svarietto” incontrarsi col grande Ivan Graziani, con la Grazia Scuccimarra, assistere ad un saggio di danza delle dolcissime Liliana Merlo e Mariella Converti, ascoltare il sax di Nino Dale, osservare le opere di Norma Carrelli, Alberto Chiarini, Sandro Melarangelo, godere del Coro Verdi, dello Zaccaria, ma anche di un umile suonatore di “Ddu Botte”.

La mitica Paola Borboni, capitata in quel giardino, si mise a declamare versi e alla fine scoppiò in una fragorosa risata dicendo che pur avendo calcato i più grandi teatri italiani, mai si era sentita così ispirata.

Si prodigava il signor Carlo per riunire gli artisti e dare un servizio alla città, regalando un luogo dove poter coltivare il bello della vita.

Ricordo che quando trasmettevo musica e chiacchiere a Radio Centro Abruzzo, dopo il mio spazio, andava in onda l’appuntamento curato da un uomo di cultura che ammiro, il Professor Gabriele Di Cesare.
“Ipotesi”, era questo il nome del programma nel quale Gabriele invitava tutti i personaggi di questo mitico cenacolo dando poi appuntamento in via Nicola Palma 47, in una sorta di sodalizio dal quale la cultura teramana usciva vincente.

E la signora Rosa insieme al marito Carlo era lì ad attendere tutti, anche gli sconosciuti, offrendo un bocconotto, un panzerotto, una pizza rustica, del vino ma, soprattutto ospitalità d’altri tempi.

Ricordo alcune serate meravigliose, poche purtroppo, visto che la mia tenera età a quei tempi, mi impediva di capire la valenza di questi incontri dei quali oggi non farei a meno: i festeggiamenti per i 105 anni di
Domenico Centinaro nell’epifania del 1983, gli auguri per i 12 anni di attività della nostra radio nel maggio del ‘90 dove, tra gli splendidi naif di Shandra Moscardelli furono molti gli ascoltatori dell’emittente a farci visita.

Carlo e Rosa erano sempre lì con il buon umore che li contraddistingueva e mentre parlavano con gli astanti, buttavano occhiate agli amati fiori del giardino per vedere se avevano bisogno di qualcosa.

Innamorato della montagna, Carlo Marconi organizzò con gli amici dello Svarietto anche delle serate per rivitalizzare paesi abbandonati come Figliola di Crognaleto, Settecerri di Valle Castellana,
Altovia di Cortino e dall’alba al tramonto tra una poesia, una pittura, una foto e l’esibizione di un coro di montagna, si consumava degnamente la vita.

Tanti personaggi, alcuni ancora vivi, molti partiti per il lungo viaggio, ma scommetto che da lassù guardano sempre la “loro” Teramo.


Grazie ai cari parenti di Carlo Marconi e a tutti coloro i quali hanno messo a disposizione le foto d'epoca di questo articolo! 

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