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lunedì 20 gennaio 2014

L’eremo del santo martire e la pietra miracolosa

Le alte sponde rocciose dell’Aterno, alle falde del monte Mentino, sorreggono nel punto più selvaggio il complesso cenobitico in cui visse il santo martire Venanzio.
Siamo ai margini della Riserva Regionale del Velino Sirente.

È l’oasi naturale delle gole che prendono proprio il nome dell’asceta che visse non lontano da Raiano, borgo famoso per la sua nota sagra delle ciliegie.

La produzione di questo frutto qui è di alta qualità ma l’evento è ricco soprattutto di tradizioni, folclore e spettacolo con la sfilata di carri allegorici.


Il santo, originario di Camerino, nelle Marche, giunto fin qui, nel profondo delle gole trovò rifugio e contemplazione.

Tornato al suo paese per quietare i tumulti dei cristiani perseguitati dal prefetto Antioco sotto Decio Traiano, fu condannato a morte.
Precipitato da una rupe rimase illeso per miracolo, genuflesso in preghiera.

Gli sgherri agli ordini del prefetto presero allora a colpirgli la testa con un grosso masso che al contatto del santo si sciolse come cera lasciando l’impronta del viso.

Pare che dopo diversi tentativi Venanzio fu martirizzato con il taglio della testa.

Siamo a circa quindici chilometri da Sulmona e a soli tre chilometri dall'antica Corfinium, nell'estrema parte occidentale della Valle Peligna.

L’edificio si erge sopra le fredde e spumeggianti acque del fiume in una magnifica posizione nel cuore di un’oasi verde incastonata tra brulle pareti.

Il terremoto disastroso del 2009, ha fatto dei danni per fortuna non irreparabili e tutti attendono che questo luogo sacro sia riparato.

La parte posteriore di questo spettacolare eremo è probabilmente la più antica che risalirebbe al XV secolo.



Notizie di San Venanzio in Raiano le troviamo comunque già nel XII secolo grazie ad alcune Bolle papali ma, da alcuni elementi architettonici e per gli affreschi di sacrestia si può affermare con relativa certezza che il primo impianto è del quattrocento.

La chiesa fu poi ampliata alla fine del XVII secolo.

L’interno è a pianta rettangolare ed è coperto con volte a botte, affrescate dopo la seconda guerra mondiale, da due pittori, Savino Del Boccio e Antonio Vaccaio che così vollero ringraziare Dio per aver decretato la fine del cruento conflitto.

C’è un corridoio, a destra dell’ingresso centrale, fiancheggiato da piccole celle eremitiche che porta alla minuscola cappella delle Sette Marie.

L’insolita stanzina custodisce un “Compianto” cinquecentesco, che artisticamente in alcune parti ricorda la grande opera che si ammira a Bologna.

Anche questa è in terracotta policroma e il Gagliardelli la realizzò nel ‘500.

Si tratta di una scultura costituita da più statue e un coro di cinque angeli pendenti.

Oltre alla bellezza del luogo dove giace l’antico romitorio, il fascino è notevole anche per gli ambienti interni che sono deliziosi.
C’è, ad esempio, il “Sancta Sanctorum”, in prossimità della Scala Santa che veniva utilizzata dall’anacoreta Venanzio per salire nella sua celletta che conserva nella pietra l’impronta del suo corpo.

La leggenda dice che al passaggio del santo, la corrente del fiume si arrestava ed egli non si bagnava i piedi
Nel muro opposto si può scorgere ciò che resta di un affresco antichissimo raffigurante la testa di Santa Caterina.

I fedeli, ancora oggi, si coricano sula roccia dove ci sarebbe l’orma del corpo disteso di Venanzio nell’eterna convinzione di potersi curare i dolori reumatici e addominali, le cefalee e il mal di reni.

Dopo essersi strofinati, devono anche risalire in ginocchio i gradini della Scala Santa, scavata nella nuda roccia con un cunicolo stretto e recitare ogni gradino un Ave Maria.

È noto che la credenza popolare nelle virtù risanatrici delle pietre è generale quasi dappertutto in Abruzzo.

Sono usanze che ricordano quelle di alcuni paesi musulmani del Cairo dove i devoti si stropicciano ancora contro le colonne della moschea.

È come un piccolo oceano di sensazioni quello che attraversa la mente del visitatore tra leggende, spiritualità e tradizioni.
Si ha la sensazione di navigare nelle acque impetuose del fiume come pellegrini stupiti in un mondo fiabesco di storie.

Come arrivare: 
 A24/A25 RM-PE uscita Pratola Peligna-Sulmona.
Proseguire in direzione Raiano da Napoli: A1 NA-RM uscita Caianello/ seguire indicazioni per Castel di Sangro/ Roccaraso/ Sulmona/ direzione A25/ Raiano

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