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sabato 23 novembre 2013

Una green way da Teramo ai monti della Laga? Perché no?

Il 16 novembre scorso a Teramo è stata presentata la nuova mappa sentieristica dei monti della Laga, realizzata dal C.A.I. sezione di Teramo.

Da anni la massima associazione ambientalista delle montagne italiane stava lavorando a questo importante progetto.


Tra i vari interventi c’è stato anche quello del prof. Filippo Di Donato, già esponente del Consiglio Direttivo Federparchi, il quale ha sottolineato l'importanza turistica e culturale di avere una rete di percorsi facilmente fruibili e ben tenuti, in grado di condurre turisti e amanti della natura alla scoperta delle infinite meraviglie che la nostra terra è capace di dare.

La sentieristica principale, insieme all’ormai noto e collaudato Sentiero Italia, deve avere la precisa peculiarità di poter collegare i centri abitati tra loro, con i borghi a rappresentare le porte di accesso alla montagna.

Da tempo il Coordinamento Ciclabili Abruzzo Teramano, l’insieme di oltre sessanta associazioni ambientaliste predica la necessità di realizzare una Teramo mare ciclo pedonale e si dice convinto che Teramo meriti anche una via escursionistica che colleghi la città alla Laga risalendo il Tordino.

Si potrebbero riscoprire antichi tracciati (come le vie di transumanza, le mulattiere dei carbonai, le vie dei pellegrini, i vecchi tratturi, ecc.), come pure realizzare luoghi di sosta presso rifugi, bivacchi, agriturismo, alla continua scoperta di piccoli paesi, chiesette, castelli, tabernacoli, antiche poste per cavalli, seccatoi.

Il comune di Teramo sta intanto realizzando in queste settimane un breve tratto di ciclopedonale lungo il Tordino, accanto alla scuola per i Geometri; il percorso poi proseguirà affiancando gli scavi archeologici di Ponte Messato per poi avanzare verso monte lungo un nuovo tratto il cui progetto è al vaglio della Regione Abruzzo.

Il desiderio di camminare è tanto e si denota anche dalle centinaia di escursionisti notturni che due volte la settimana si riunisce, alle nove di sera, sotto la guida del dott. Piero Sinigaglia, per camminare nelle vie della città e nei parchi fluviali.

Numerosi sono anche coloro i quali vogliono pedalare su percorsi naturali partendo dai centri abitati, senza dover per forza trasferirsi in montagna o nella ciclabile costiera.

Una via verde che colleghi ai monti della Laga riscoprirebbe anche un patrimonio storico, artistico e culturale della nostra provincia, manufatti antichi che hanno rappresentato le radici sociali della nostra gente: i mulini e i frantoi.
Basta, infatti, salire a monte di Teramo, anche solo pochi chilometri, per riscoprire resti di attività che per più di duemila anni hanno accompagnato la vita dell’uomo.
Ruderi di architettura d’artigianato locale che hanno funzionato fino agli inizi degli anni ’70.

I mulini sono stati per lungo tempo il centro della vita economica e sociale, luogo d’incontri, d’intrecci culturali e scambi di esperienze.

Questi tesori che costellano le valli del Tordino e del Vezzola, a volte sono mimetizzati tra impervi sentieri lungo le sponde dei due fiumi, a volte stanno morendo tra querceti e scampanii di pecore, oppure in qualche caso sono stati ristrutturati e adibiti ad abitazioni private.

I mulini dell’alto Tordino sono poco meno di una ventina.
Si trovano a Padula, Caiano, Elce, Casanova, Servillo, Faiete e Lame, nel territorio di Cortino, a Fioli, Fiume e Castiglione di Rocca Santa Maria e, nelle vicinanze di Teramo, a Varano e Travazzano di Valle S. Giovanni, Villa Tordinia e Villa Ripa.
Sono luoghi di sconfinata bellezza, oggi spesso persi tra sterpaglie, ma un tempo pieni di vita e di uomini.

Ancora più interessanti per molti versi, i mulini del Vomano, spesso inseriti in un contesto paesaggistico di rara bellezza come i manufatti di Poggio Umbricchio e, poco sotto, di Senarica, recentemente restaurato per ricettività turistica.

Sono protetti da alti e splendidi canyon, tra piccole cascate e vegetazione di ciliegi, meli selvatici, acacie e roverelle.

Sulle sponde del torrente Zingano c’è forse uno dei più antichi mulini della vallata, in località Cervaro, strada provinciale di Cesacastina, un chilometro prima del paese. Ristrutturato già nel 1812, oggi ha avuto un’ ulteriore ricostruzione ed è possibile visitare l’ambiente dove erano sistemate le macine per il grano e intuire ancora i canali di derivazione e restituzione delle acque.

Queste opere d’ingegno venivano realizzate in specifici punti dei fiumi, dov’era garantita una buona
affluenza delle acque e dove non c’erano fenomeni di piena distruttiva.

Ai tempi in cui si mangiava pane e lenticchia, qualche fico o castagna, tempi in cui il prete faceva anche da medico e ti dava prima l’infuso di erbe e poi i sacramenti, uomini che trasudavano lavoro e passione per la montagna hanno chiesto di non essere dimenticati.

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(Grazie per la preziosa collaborazione al professor Lucio De Marcellis)

giovedì 14 novembre 2013

Santa Maria di Ronzano: gioiello del romanico nel teramano.

Uno dei monumenti sacri medievali più originali e interessanti si trova in splendido isolamento nelle campagne di Castel Castagna, località Ronzano davanti a uno spettacolare panorama della catena del Gran Sasso d’Italia.

Siamo nel cuore della valle solcata dal fiume Mavone, meglio conosciuta come Valle Siciliana, così fertile da essere definita dai greci e dai fenici “luogo di fichi e olivi e dove si stanziarono tre millenni fa, racconta lo storico Tucidide, i siculi alla ricerca di un posto ubertoso.

Santa Maria è una chiesa fantastica, un tempo parte di un complesso monastico fondato dai benedettini.
La facciata a capanna spezzata è particolarmente affascinante.

Accoglie tre portali, la ruota di un rosone (oggi finestrato) e due piccole monofore, le cui forme semplici e lineari sono messe in risalto dalla dicromia creata dall'accostamento del cotto e della pietra.

Qualcosa di molto elegante che contrasta con la posizione agreste del tempio.

È difficile trovare aperto questo luogo, purtroppo.
Questa è una dolente caratteristica dei luoghi di culto più belli nel teramano.
Accade ciò a causa di continui furti che hanno depauperato luoghi sacri isolati e incustoditi.

Io sono riuscito a scattare diverse foto grazie alla gentilezza di una signora del luogo che conserva le chiavi di questo gioiello.
La donna apre il portale ai visitatori che hanno tra le loro virtù una buona dose di pazienza nell’attesa.

La chiesa ha origini antichissime.

La sua storia è oscura.
Pare che i primi documenti e una bolla papale siano databili al 1183, anche se molti studiosi danno l’edificazione alla seconda metà dell’XI secolo.

Dalle caratteristiche strutturali sembrerebbe invece che sia avvenuta nella seconda metà del XII secolo, data la vicinanza con esempi più eclatanti di romanico pugliese come la cattedrale di Bari o il duomo di Bitonto.

Il luogo evoca anche esempi di arte orientale, soprattutto nelle arcate cieche e in particolari decorazioni di stile bizantino.
Tra i tesori della chiesa c’è la bella statua lignea gotica raffigurante Santa Maria con il Bimbo, gelosamente custodita dal popolo locale, dopo averla restaurata.

Molti esperti comunque concordano sul fatto che secoli prima qui esistesse un luogo di culto dedicato a dei pagani.

Entrando al suo interno, di dimensioni modeste, si riscontra chiaramente la pianta classica delle opere benedettine: tre piccole navate terminanti con absidi, archi a tutto sesto retti da pilastri cruciformi e transetto lievemente sporgente su due lati.

Particolarmente attraente è il ciclo di affreschi che ricopre l’abside maggiore, la parte destra del transetto.
Sono pitture medievali tra le più belle in Abruzzo con soggetti presi dalle storie narrate dall’Antico e dal Nuovo Testamento.

Rimangono alla mente soprattutto la classica raffigurazione del Cristo Re, l’Annunciazione tra gli Apostoli e i quattro evangelisti e dei mini cicli sulla Creazione, opera di una mano diversa per stile e colori.

Santa Maria di Ronzano è solo uno dei gioielli del romanico nella valle che ospita altri capolavori sacri come Propezzano di Notaresco, San Salvatore di Canzano, San Clemente a Guardia Vomano e San Giovanni ad Insulam di Isola del Gran Sasso.

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Come arrivare:
A24 RM-TE uscita S. Gabriele-Colledara/ proseguire in direzione Castelcastagna/ Ronzano da Napoli: 
A1 NA-RM uscita Cassino / proseguire in direzione Sora / Avezzano / A25 direzione L'Aquila-Teramo / A24 uscita S. Gabriele-Colledara / proseguire in direzione Castel Castagna/ Ronzano

domenica 10 novembre 2013

La Misericordia di Tortoreto Alto

Il borgo collinare di Tortoreto Alto, affacciato sull’Adriatico, è un piccolo gioiello del teramano.

Passeggiando tra le viuzze degli antichi quartieri di Terranova e Terravecchia, è possibile scoprire un vero tesoro d’arte sconosciuto a molti: La cappella della Misericordia.

È un minuscolo luogo sacro, che presenta all’esterno un aspetto quasi anonimo.

La chiesa è integrata perfettamente tra le abitazioni, tanto da essere ignorata da molti turisti che in estate, la sera, lasciano la solita passeggiata sul lungomare, per recarsi in collina a godere aria fresca.


Basta entrare per essere colpiti dall’austerità di una sala unica divisa in due campate con un bel soffitto dalla volta a crociera e una piccola abside, gioiello tutto affrescato.

Il ciclo pittorico che avvolge l’intero ambiente, racconta con tocchi maestrali, gli episodi salienti della vita di Gesù, soffermandosi soprattutto sui momenti terribili della Passione di Cristo.

Davanti agli occhi dei visitatori appassionati d’arte, sfila la preghiera del Salvatore tra gli ulivi del Getzemani, la cattura e la presentazione davanti al volto truce di Caifa.

In un crescendo emozionale, si ammirano la Flagellazione, l’incoronazione di spine e la difficoltosa ascesa al Calvario.

Si arriva, come spettatori del susseguirsi degli eventi, alla Morte in croce e alla Deposizione del Signore.

Subito dopo, ecco la Speranza che deve animare il cristiano fedele: La Risurrezione che è presentata sublimemente, dai quattro Evangelisti.

A ricordo della pestilenza, vinta dall’amore infinito della Vergine per il paese di Tortoreto, debellata grazie alla Sua intercessione verso Dio, ecco la sfilata di santi.

Sono gli uomini graditi al Cielo, da San Rocco a Sant’Antonio da Padova, ammaliati nello sguardo dall’infinita Misericordia di Maria.

Non manca comunque una pittura che racconta il momento gioioso della vita della Sacra Famiglia: La Nascita del Bambino nella grotta umile di Betlemme.

Secondo gli esperti non c’è dubbio che la cappella, che anticamente celava un luogo di culto pagano, abbia i crismi architettonici del Rinascimento, che in Abruzzo soprattutto nel secolo XVI, ebbe grandi esponenti in costruttori giunti dall’Italia del nord.

 Il tempio fu dedicato alla Madonna come ringraziamento per il miracolo della liberazione da una pesta virulenta che aveva colpito il teramano, soprattutto la parte costiera intorno al 1525.

Accanto alla cappella c’era anche un piccolo lazzaretto per il ricovero degli appestati che poi divenne ospedale che funzionò fino ai primi anni dell’ottocento, secondo gli scritti dello storico teramano Nicola Palma.

Non è chiaro definitivamente chi abbia lavorato a questi affreschi.
Lo stile riporta, inequivocabilmente a Cola d’Amatrice che soleva spesso venire in questi luoghi per insegnare arte a giovani promesse.

Fra questi, gli esperti pensano che a realizzare il ciclo pittorico sia stato proprio il suo allievo più fecondo, quel Bonfini che affrescò diverse chiese dei borghi affacciati sul mare Adriatico.


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 Come arrivare a Tortoreto Alto:


IN AUTO: Autostrada A14 Uscita Val Vibrata

IN TRENO: Stazioni di Alba Adriatica (a nord), Tortoreto e Giulianova (a sud)

IN AEREO: Aeroporto di Pescara 50 KM



San Gabriele dell'Addolorata: Il santuario dei prodigi

Si muovono a piedi silenziosi alle prime luci dell’alba.
Avvolti nelle loro tuniche nere, i passionisti, dediti a San Giovanni della Croce, camminano in fila indiana per recarsi al santuario maggiore e recitare, come ogni mattina, le Lodi.

Nella nebbiolina umida delle prime ore del giorno, l’aria che giunge dal vicino Gran Sasso è frizzante.

C’è intorno una sensazione di pace che scomparirà fra qualche ora, quando giungeranno da ogni dove i pellegrini come ogni domenica che ha fatto il Signore.
Le botteghe apriranno i battenti per propinare souvenir religiosi, i ristoranti tireranno a lucido le sale e i vigili avranno il loro bel da fare per tenere in ordine il grande piazzale preso d’assalto da migliaia di vetture e bus.

Questo di San Gabriele è uno dei quindici santuari più visitati al mondo, al centro di un triangolo sacro che comprende Loreto e San Giovanni Rotondo e che si trova a pochi chilometri dalle meravigliose chiese romaniche della vallata del Vomano.
Vi giungono pellegrini da tutto il mondo.

È all’ottavo posto per numero di visitatori tra i luoghi di culto italiani secondo l’annuario dello SPI, la Segreteria pellegrinaggi italiani.
E pensate che, secondo i calcoli dell’americana Mary Lee Nolan, nella sola Europa Occidentale sarebbero circa seimila le chiese che entrano nella categoria di “santuario”, cioè un luogo sacro verso il quale converge un itinerario di fede per celebrare una presenza sacra cristiana.

Numeri impressionanti qui a pochi metri dalla piccola Isola del Gran Sasso, che sottolineano un vorticoso andirivieni di fedeli sfiorante la ragguardevole cifra di due milioni e mezzo.

Nel 2009 al santuario sono state distribuite circa 315 mila comunioni e considerate che in genere la media dei pellegrini che ricevono la particola consacrata è di 1 su 6/7.

L’autostrada dei Parchi ha registrato al casello di uscita dell’A24 Roma Teramo qualcosa come 652 mila autoveicoli.
Un’ affluenza record che rese necessaria, a partire dal 1970 in poi, la costruzione della nuova basilica, un imponente struttura architettonica ispirata alla sagoma di una grande nave, metafora della Chiesa in cammino nel mondo, capace di accogliere oltre diecimila pellegrini al giorno.
Don Giacomo Alberione della Famiglia Paolina, soleva dire che “per il Signore non si deve fare economia; da Lui abbiamo tutto, le cose più belle devono essere sue”.

La grande stiva di questo transatlantico a forma di croce greca, lunga novanta metri e larga trenta, è la cripta di San Gabriele, inaugurata da Giovanni Paolo II nel 1985.
Le quattro vele d’acciaio paiono protendersi verso l’infinito degli altrettanti punti cardinali.

Ne è passato del tempo da quando San Francesco transitò in questo luogo ai piedi del re dell’Appennino.
Era in compagnia del Beato Anastasio di Penne, appena dopo il Concilio Lateranense IV del 1215.

Si recava nella Valle Siciliana per portare pace, come suo solito, tra le famiglie agiate che rivendicavano, bellicosamente, terreni e proprietà.

Il poverello d’Assisi era definito il “giullare di Dio”, capace di radunare intorno a sé le folle, scuotendo una bacchetta di legno o suonando un corno.

La cultura del cantastorie gli era giunta dalla madre, tipica madonna della Provenza, terra di trovatori.
La ventiduesima carta dei Tarocchi, come saprete, distingue il giullare dal buffone; il primo al contrario dell’altro non teme di sbeffeggiare i potenti, quindi è rappresentato nudo, con nulla da nascondere.

Ecco, il sorriso di San Gabriele dell’Addolorata, il santo dei miracoli, non nasconde la gioia di vivere e nasce forse dai geni del Patrono d’Italia, del quale aveva avuto in comune il vero nome, Francesco Possenti e il luogo di nascita.
Nel 1838, infatti, il futuro protettore d’Abruzzo, vedeva la luce in una Assisi immersa nel profondo dell’Umbria. Gabriele, a diciotto anni,dal noviziato dei passionisti a Morrovalle di Macerata, scriveva ai familiari che, “sì, è vita dura, ma anche continua gioia … non cambierei un quarto d’ora della mia esistenza qui”.

Non aveva venticinque anni quando il ragazzo, il 27 febbraio del 1862, si congedava prematuramente da una vita semplice, contrassegnata dal sorriso perenne e dalla eroicità del quotidiano.
Era stato consumato dalla tubercolosi.
E quando nel 1892, dopo l’esumazione delle sue spoglie mortali, accaddero i primi strepitosi prodigi e le tante inspiegabili guarigioni operate da Dio per sua intercessione, l’amante della vita, divenne nel mondo, il santo sorridente, il vero modello per le giovani generazioni .
Da lì la beatificazione nel 1908 e la canonizzazione del 1920.

La figura di Padre Vincenzo Fabri risalta sui graniti policromi e gli intarsi geometrici della gradinata d’accesso.

Il religioso è anche un conosciuto e apprezzato giornalista, addetto stampa per il santuario che annovera tra le sue importanti iniziative, una fortunata rivista, L’Eco di San Gabriele, edita per circa mezzo milione di lettori.

Dalle vetrate a nord s’intravede a tratti il complicato meccanismo dei quattordici bronzi finemente lavorati.
Quando suonano muovono qualcosa come 25 tonnellate di materiale.
Il passionista racconta della campana cosiddetta ecumenica, dal peso di quaranta quintali, scolpita con le sette scene che rievocano i momenti più importanti nella vita del santo.
C’è il bassorilievo dello storico abbraccio tra Paolo VI e il patriarca di Gerusalemme Atenagora, nel 1964 e all’altro lato le figure scolpite di Giovanni XXIII e J. Kennedy, grandi operatori di pace.
Poi mi porta davanti al grande vetro che racconta uno dei momenti più belli del Vangelo, la parabola del figliol prodigo.

Il messaggio è inequivocabile: abbiamo tutti ancora del tempo per tornare a Dio, perché noi creature esistiamo solo in rapporto al Creatore e non per noi stessi.
In fondo alla grande aula, riempie gli occhi il bellissimo mosaico del Mistero Pasquale, opera di Ugolino da Belluno.
Croce e Resurrezione sembrano andare a braccetto come negli affreschi sacri del grande Piero della Francesca.

Ma perché, chiedo, questo grande successo per il giovane chierico passionista?
È solo questione di miracoli?
La risposta è semplice ma esaustiva.
Gabriele piace a tutti perché esprime i valori che tutti noi andiamo cercando: la voglia di vivere, di realizzarsi, di essere felici, apprezzando questo grande dono.
Il giovane santo piace ai malati perché si mostra debole di salute ma con una immensa passione per la vita, è adorato dagli studenti perché anche lui lo è stato, è amato da chi è deluso dalla vita perché è l’esempio di chi, coinvolto nelle grandi traversie, non si fa travolgere.
Ma sono i giovani in particolare a sentirlo vicino, perché la sua vicenda è una storia d’amore verso il mondo e soprattutto verso la Madonna.

Un sguardo rapido, purtroppo, al museo Stauros d’arte sacra contemporanea e la sua biblioteca con oltre diecimila volumi, che meriterebbe ben altro tempo, per andare nella vecchia basilica.
È qui che la storia si esprime al massimo attraverso l’arte in tutte le sue forme espressive, dall’architettura alla figurazione scultorea e pittorica della splendida cappella del Santo in stile neo gotico inglese con le sue colonne di granito rosa, i mosaici, le statue dell’Immacolata, di San Paolo della Croce e San Vincenzo Strambi, fino agli ex voto custoditi nel museo.

È proprio al suo interno che il mio affabile cicerone mi fa notare la finestra oltre la quale si scopre la parte superstite dell’antico originario convento francescano, il chiostro con al centro il pozzo che la tradizione vuole sia stato scavato, in parte, dalle mani di San Francesco.

Tutto, attraverso le parole di Padre Vincenzo, mi appare nuovo, nonostante sia venuto qui diverse volte: il coro in noce con intarsi in olivo, l’antico refettorio del 1300, la minuscola camera del “transito” di San Gabriele.
Tutto diventa catechesi, annuncio di fede, “via pulchritudinis” verso Dio.

Non rimane che pregare sulla tomba del giovane santo dove continuano ininterrotti i prodigi dal 1892. Tutti abbiamo qualcosa da chiedere!

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Da Roma: prendere l`A24 verso Teramo, uscire al casello "S. Gabriele" e seguire le indicazioni per il santuario, che si trova a 3 km. - See more at: http://conoscere.abruzzoturismo.it/index.php?Canale=Dove&IDCanaleSub=29&IDCanaleSubSub=0&IDItem=518&ItemType=BC#sthash.lgCkeibR.dpuf
Per arrivare al santuario:
Da Roma: A24 verso Teramo, uscita San Gabriele - Colledara;
Da Bologna: A14 verso Teramo, uscita Teramo Giulianova, verso Teramo, poi A24 Aquila Roma;
Da Bari: Uscita Roseto degli Abruzzi, Statale 150 Teramo Villa Vomano, dopo 15 chilometri, Aquila Roma uscita San Gabriele-Colledara

Il santuario si trova a tre chilometri dall`autostrada A24 Roma-L`Aquila-Teramo.
• Da Roma: prendere l`A24 verso Teramo, uscire al casello "S. Gabriele" e seguire le indicazioni per il santuario, che si trova a 3 km.
• Da Bologna: prendere l`A14 verso sud, uscire al casello "Giulianova-Teramo", dirigersi verso Teramo e qui prendere l`A24 verso l`Aquila-Roma, uscire al casello "S.Gabriele".
• Da Bari: prendere l`A14 verso nord, uscire al casello "Roseto degli Abruzzi", prendere la statale 150 verso Teramo-Villa Vomano; dopo 15 km. imboccare l`A24 verso Roma-L`Aquila, uscire al casello "S. Gabriele".
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Il santuario si trova a tre chilometri dall`autostrada A24 Roma-L`Aquila-Teramo.
• Da Roma: prendere l`A24 verso Teramo, uscire al casello "S. Gabriele" e seguire le indicazioni per il santuario, che si trova a 3 km.
• Da Bologna: prendere l`A14 verso sud, uscire al casello "Giulianova-Teramo", dirigersi verso Teramo e qui prendere l`A24 verso l`Aquila-Roma, uscire al casello "S.Gabriele".
• Da Bari: prendere l`A14 verso nord, uscire al casello "Roseto degli Abruzzi", prendere la statale 150 verso Teramo-Villa Vomano; dopo 15 km. imboccare l`A24 verso Roma-L`Aquila, uscire al casello "S. Gabriele".
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Il santuario si trova a tre chilometri dall`autostrada A24 Roma-L`Aquila-Teramo.
• Da Roma: prendere l`A24 verso Teramo, uscire al casello "S. Gabriele" e seguire le indicazioni per il santuario, che si trova a 3 km.
• Da Bologna: prendere l`A14 verso sud, uscire al casello "Giulianova-Teramo", dirigersi verso Teramo e qui prendere l`A24 verso l`Aquila-Roma, uscire al casello "S.Gabriele".
• Da Bari: prendere l`A14 verso nord, uscire al casello "Roseto degli Abruzzi", prendere la statale 150 verso Teramo-Villa Vomano; dopo 15 km. imboccare l`A24 verso Roma-L`Aquila, uscire al casello "S. Gabriele".
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