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venerdì 24 maggio 2013

San Pietro in Azzano, la terra della gens Attia

Azzano oggi è Villa Costumi e non ha una scuola, un ufficio postale, né il bar e non mi risulta che ci sia il tabaccaio o la farmacia.

Chi ha bisogno di qualcosa qui deve recarsi nella vicina Castagneto o proseguire fino a Torricella Sicura.


Se qualcuno, però, cerca solitudine è nel posto giusto: in tutta la frazione, a mezzogiorno, c'è meno gente di quanta ce ne sia a Teramo in un condominio il giorno di Ferragosto.

Un pugno di case con una varietà così minima di persone che s'incrociano in uno spazio geografico talmente ristretto che ti permetterebbe di conoscere e seguire ogni secondo della loro vita ed ogni centimetro dei loro movimenti.
E' così piccolo questo paese, che è un azzardo definirlo tale.
Il suo cimitero a due chilometri, condiviso con altri due borghi, è probabilmente grande quanto un cortile.

Il silenzio si taglia col coltello, come il buon pecorino dal sapore di montagna che ancora oggi fanno in maniera deliziosa nella vicina Villa Popolo, a una manciata di chilometri da Teramo.
Per quale misterioso scherzo dell’Onnipotente, qui è possibile trovare una chiesa rupestre, un tempo importante abbazia benedettina?

La risposta al quesito diventerebbe semplice se visitaste il luogo.
Un paradiso ideale per gli insediamenti di carattere monastico.
Potreste, chiudendo gli occhi, immaginare di ascoltare note mistiche di canti gregoriani consacrati al ritmo unificante dell’Ora et Labora benedettina.

La chiesa dedicata a San Pietro, che presenta un interessante portale rinascimentale, è situata sulla sommità di un colle da cui si gode un panorama superbo.

Pare che il cenobio sia sorto per il forte interesse dell’abbazia di Farfa e che, nel massimo del suo splendore, avesse addirittura sette chiese alle sue dipendenze per conto della badia farfense.

Sei di esse oggi non esistono più.
L’ultima, qualcuno giura sia stata la deliziosa Santa Maria De Praediis, ubicata non lontana, vero gioiello romanico in pietra, costruito, sul luogo dove, migliaia di anni fa, esisteva l’importante tempio della Dea Feronia.
A San Pietro restano, oggi, piccole vestigia della cisterna e del chiostro.

La chiesa, originariamente più grande, come racconta lo storico Niccola Palma, fu accorciata da “80 a 54 palmi per far spazio alla sagrestia e l’abitazione dell’allora curato”.

Questi luoghi vantano una storia antichissima che parte dai Romani che qui e a Pantaneto costruirono ville sontuose, passa per la civiltà longobarda, il feudalesimo dei castelli di Colle Caruno e Ioannella, la dominazione spagnola e arriva fino alle storie incredibili di briganti.

Il paesaggio,i monumenti stanno lì fermi,immobili da secoli.
La gente cambia continuamente.

Nasce, cresce, invecchia ma vive in quel fazzoletto di terra tutti i suoi momenti siano essi felici che tristi.

Vicino alla chiesa, mi dicono, vive tuttora un ultracentenario che ha trascorso gran parte della sua vita cibandosi del latte delle sue capre, dei frutti dei suoi alberi e di verdure.

Quattro vecchietti distribuiti in pochi chilometri starebbero per accendere la candelina numero 100; i ritmi lenti e l’aria buona sono evidentemente garanzia di lunga vita.

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