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lunedì 27 maggio 2013

La strana storia di Casa Francese a Teramo!

Una tra le pagine più sanguinose della storia di Teramo la scrisse, nell’anno 1152, Roberto di Loretello quando impose la sua signoria, espugnando la città e radendola al suolo con un pauroso incendio.

Da quella distruzione secondo storici attendibili si salvarono, parzialmente, la torre oggi detta appunto “Bruciata”, la chiesa di Santa Maria Aprutiensis, oggi Antica Cattedrale, Casa Raimondo - Narcisi all’angolo tra via Paris e via Anfiteatro, qualche brandello di mura di Santa Maria a Bitetto e, in via Stazio, Casa Francese.

Si deve presumere, quindi, che l’abitazione dell’antica famiglia dei Francese dovesse essere stata costruita intorno al 1100, nel cuore della vecchia Teramo.
Alcuni storici la datano, invece, primi anni del 1300.

E’ importante comunque sapere che ancora oggi Casa Francese esiste e si può classificare come una se non la più vecchia abitazione aprutina.
Si tratta di un edificio tipicamente medioevale, caratterizzato da una piccola corte in mattoni, alternata a ricami regolari in pietra di fiume squadrata.

E’ un manufatto incredibilmente affascinante, nonostante abbia perso parecchie delle sue antiche peculiarità, con le finestre originarie che erano di minime dimensioni dalle semplici ma accattivanti cornici in pietra.

Qualcuno nel vederla al suo interno, potrebbe obiettare che manca di decorazioni ma è proprio in questa sua austera sobrietà che risiede la bellezza del suo insieme.

Abitata dalla famiglia Francese, venne poi in possesso dei nobili titolati degli Scimitarra che lo storico Sandro Melarangelo in un suo scritto, ricordò essere i proprietari della fornace della Cona, diretta concorrente della Gattarossa del bivio Cavuccio.

Infine, in un suo articolo scritto prima di lasciarci, il grande amico Gianmario Sgattoni, raccontò che l’edificio fu abitato anche dalla famiglia De Carolis, conosciuti commercianti di Teramo, possessori negli anni ’60 di una cartoleria.

Fu sempre in quel periodo, ricorda ancora Melarangelo, che Casa Francese divenne dimora del noto fotoreporter Peppe Monti, ascolano trapiantato in Teramo già dal 1958 che molti a Teramo ricordano perfettamente.

Secondo lo storico Riccardo Cerulli, Casa Francese era un esempio di “incastellata”, casa torre intesa come piccola fortezza.
In effetti il moncone di un muro, nel giardino pensile all’interno del caseggiato potrebbe far pensare all’esistenza antica di una torre.

Pochi teramani hanno attraversato il trecentesco portale ogivale che introduce in una piacevole corte aggraziata da una sobria scalinata in mattoni, dalla quale si accede ai piani superiori.

Tutto l’insieme oggi si presenta alquanto rimaneggiato, con le mura interne ricoperte di calce bianca, così come il giardino e la sua storica e gigantesca palma, al di là del quale si apre una bella vista sulla Piazzetta del Sole dietro la chiesa dello Spirito Santo.

Ebbene, signori miei, questo antico palazzotto nobiliare è in vendita da alcuni anni.
Forse il prezzo non alla portata di tutti, forse anche la struttura antica della casa e l’attuale crisi economica, scoraggia gli acquirenti.

La signora, ultima proprietaria, anziana e stanca di dover salire ogni giorno le scale, intervistata da me un paio di anni fa, parve fermamente intenzionata a cedere un edificio che è parte integrante della storia millenaria di Teramo.

Ci dovremmo domandare, noi che amiamo la nostra città, chi mai acquisterà l’edificio, che fine farà la casa, in quali mani cadrà, quali lavori di ammodernamento subirà.

Abbiamo già, purtroppo, degli esempi negativi nella ristrutturazione di Casa Melatini, una delle più belle abitazioni nobiliari del XIII secolo, di fronte alla monumentale chiesa di Sant’Antonio.

I lavori in alcuni casi non hanno tenuto conto della storia e del valore dell’edificio e, tra i numerosi rifacimenti che esso ha subito, questo è stato forse il più distruttivo.

So che il comune di Teramo non ha granchè di fondi ma si è valutata comunque l’esigenza di acquisire questo pezzo di storia e farne magari un museo?

Com’è possibile che la Soprintendenza per la salvaguardia delle architetture storiche, non ponga vincoli a queste mura che rappresentano, insieme a quelle dei Melatini, di Casa Urbani e del palazzo liberty dei Castelli, una specie di museo di storia a cielo aperto di evidente interesse culturale?

Possibile che la Regione e altri enti territoriali continuino a disinteressarsi del patrimonio storico di Teramo?

Nella nostra città ci siamo sempre distinti per la propensione masochistica di distruzione del passato.

Non continuiamo a farci male.

L’amministrazione comunale valuti con attenzione la possibilità di utilizzare questo edificio, magari trasformandolo in Servizi Educativi per i giovani con l’obiettivo di promuovere, documentare ed educare alla conoscenza del patrimonio artistico e sociale e alla storia che non deve morire.

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