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martedì 21 maggio 2013

Il trekking della memoria

“Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divarìa” 
 (Gabriele D’Annunzio ne I pastori).

Nel cuore dell’estate, in agosto, lungo la fantastica piana di Navelli il tempo sembra invertire la marcia e tornare indietro.

Come accadeva un tempo, gli occhi di attoniti viaggiatori scoprono nuovamente carovane di greggi e uomini che faticosamente attraversano la distesa verde per giungere ai pascoli pugliesi invernali.

In realtà uomini e bestie raggiungono Santo Stefano di Sessanio dopo aver rievocato la transumanza, in omaggio a una cultura secolare che non deve scomparire.
Passa proprio nel cuore dell’aquilano il “tratturo magno”, l’autostrada pastorale, il principale dei tanti percorsi d’erba che i pastori, non più lontano di cinquant’anni fa, ancora attraversavano per condurre al cambio di stagione i loro animali dalla montagna all’Adriatico.

Una marea di bestie che ha influenzato l’architettura dei paesi, le piccole costruzioni di pietra disseminate tra i monti per ripararsi durante il lungo viaggio e la cultura rurale tra le più antiche e ricche del nostro bel Paese.

Chi volesse crearsi un trekking ideale su questo tratturo, vivrebbe un giro splendido tra grotte, monumenti e fortezze che in senso contrario, da Lanciano, la città del Miracolo Eucaristico, passa per San Liberatore a Majella, Piano d’Orta allo sbocco delle gole fino alla piana di Navelli e L’Aquila.

Anche in questa prossima estate del 2013 un fiume di pecore e di gente al seguito, come formichine, invaderà gioiosamente gli antichi tratturi dell’alto piano di Navelli, decretando nuovamente il successo di un’iniziativa che è riuscita, come da alcuni anni accade, a diffondere e sviluppare una nuova cultura dell’ambiente.

È la mirabile riscoperta della radice che ci lega ancora a una terra di enorme bellezza paesaggistica.

Sullo sfondo di un grandioso paesaggio montano, tra rovine di castelli, borghi abbandonati o quasi, si può riscoprire l’austera bellezza delle chiese campestri, non solo luoghi di culto e pellegrinaggi, ma anche zone di sosta per i pastori affaticati dal lungo cammino:
Santa Maria di Centurelli, con la sua imponente facciata dalle forme rinascimentali sfregiata dal sisma,
Santo Stefano, di origine duecentesca,
la Madonna delle Grazie, con l’ampio rosone e San Paolo, enclave benedettina del XII secolo.


Lungo pianori che ricordano le distese asiatiche, si ammirano anche i pochi resti dell’antica città prefettizia romana di “Peltuinum”, le cui pietre mute ancora campeggiano lungo uno dei tratturi che attraversa il piccolo borgo di Prata d’Ansidonia.

Tra i ruderi della porta ovest situata sulla via Claudia Nova, lì dove c’era un’entrata monumentale fiancheggiata da due torri, nella seconda metà del ‘400, gli Aragonesi installarono la dogana di pedaggio per il passaggio delle greggi, che stabiliva precise norme fiscali a tutela delle autostrade verdi .

Distrussero così definitivamente le vestigia millenarie del tempio corinzio dedicato ad Apollo.

Nella calca di turisti affascinati da questo evento celebrativo, l’anno scorso c’erano anche i pochi transumanti rimasti, settantenni ormai stanziali che, insieme a padri e nonni, hanno guidato per anni la carovana dei greggi lungo il Tratturo Magno fino alle verdeggianti distese pugliesi.
Queste anime nomadi hanno fatto la nostra storia.

Sono stati un po’ pellegrini, un po’ gitani, innamorati di orizzonti lontani.
I vecchi pastori come enciclopedie viventi ormai lise dal tempo, raccontano infinite storie, frutto di millenni incroci e rituali, con voce flebile e rotta dall’emozione.

Rievocano quando partivano, come capi di un circo della vita con i fedeli cani bianchi, passando di regione in regione e arricchendosi di esperienze e conoscenze.

In ogni loro spostamento c’era la cultura degli incontri con gente semplice e generosa che nei secoli hanno imparato ad amare la propria terra e a ricavarne sostentamento.

Nel prossimo agosto, tra storie di vita, belati, urla, tutti potranno godere anche della bellezza di paesi che hanno conservato l’impianto medievale attraverso carruggi stretti e case arrampicate una sull’altra come ponte di nave rocciosa che guarda verso il mare sfidando qualsiasi legge della statica.

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